A partire dal 1985, negli Stati Uniti i bambini sono cresciuti affiancati da PC, sistemi operativi e tante altre tecnologie, mentre in Italia il boom della diffusione tecnologica è avvenuta con qualche anno di ritardo, intorno al 2001.
Secondo una ricerca del 2014, su dati relativi al 2012, è in aumento l'utilizzo di tecnologie entro gli 8 anni (Nord-Europa 80% intorno ai 3-4 anni). Per quanto riguarda l’Italia, nello specifico, i dati ISTAT aggiornati al 2014 riferiscono che il 54,7% dei bambini con almeno 3 anni di età utilizza il PC e il 57,3% della popolazione dai 6 anni in su naviga su Internet.
E' da sottolineare che l'avvicinamento delle tecnologie in infanzia impatta sotto vari aspetti della crescita del bambino, modificandone in parte i processi di apprendimento, lo sviluppo della personalità, il processo di comprensione del mondo, l'acquisizione di abilità e la percezione di sé.
Focalizzandoci sulla diversa modalità di apprendimento, quella dei nativi digitali è caratterizzata da una forte tendenza all'espressione di sé, personalizzazione, condivisione di conoscenza; queste forme di apprendimento convogliano tutte nel noto "apprendimento multitasking", che di per sé non è un concetto sbagliato, ma questo porta poi ad un sovraccarico cognitivo di informazioni.
I nativi digitali, però, riescono a far fronte a questo problema alleggerendo il sovraccarico attraverso lo "zapping" tra le diverse fonti di apprendimento e comunicazione. Tutto questo conduce poi ad un apprendimento non lineare, che procede per tentativi ed errori e per esplorazione, piuttosto che seguire la logica deduttiva/induttiva.
Positivo o no, problema o risorsa, dato di fatto oggettivo è che le nuove generazioni sono in continuo cambiamento e che oramai le tecnologie fanno parte delle loro vite fin dai primi giorni, e questo porta ad una separazione abbastanza netta tra le diverse generazioni, e per questo si viene a creare un gap temporale tra genitori e figli ed insegnanti e alunni.
Il quesito quindi resta uno: come superare questa barriera? Come stabilire un linguaggio comune?
Che il sistema formativo pensato anni e anni fa abbia dato il suo frutto non c'è dubbio, ma allo stesso modo ci sono svariate ricerche che testimoniano la positività dell'uso di tecnologie informatiche a casa e a scuola, migliorando la capacità di apprendimento dei bambini e rendendoli più brillanti.
Sarà dunque l'istituzione scolastica a dover provvedere ad un cambiamento e ad un vero e proprio adattamento formativo o saranno i nativi digitali a tornare nei panni dell'Homo Sapiens 1.0?
Silvia Giorgetti: laureanda in Psicologia Clinica e della Salute e Neuropsicologia presso l'Università degli Studi di Firenze;
Susanna Renga: laureanda in Psicologia Scolastica e di Comunità presso l'Università di Bologna;