Quell'etichetta difficile da staccare

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Oggigiorno è difficile trovare all’ interno di un’ aula scolastica alunni che non siano, in un certo senso, “catalogati”.

Sembra di entrare in un “supermercato umano” quasi a voler chiedere: “ Scusi, dove posso trovare i DSA?”, “Secondo scaffale a destra”.
Può sembrare che stia spopolando nelle scuole una specie di “caccia al tesoro”, a chi ne trova di più, quasi fosse un gioco a premi!

DSA, BES, ADHD sono solo alcune delle “etichette” che vengono attaccate a quegli alunni che presentano delle difficoltà o dei disagi legati agli apprendimenti o al comportamento.

Le scuole non fanno altro che proporre ai loro docenti corsi di formazione e aggiornamenti per formare e aggiornare, appunto, sullo stato attuale della situazione scolastica e sul trovare le metodologie adatte e gli strumenti compensativi più idonei per favorire l’ apprendimento di bambini e ragazzi che manifestino qualche lacuna.

Ovviamente va benissimo essere al passo con i tempi, con le nuove realtà scolastiche personalmente ho riscontrato, purtroppo e spesso, la voglia di sottolineare da parte degli esperti del settore, appartenenti a varie teorie, la difficoltà e il disagio che vivono questi alunni. Come se il “cosa non sa fare” sia più importante della totalità della persona e del suo “saper fare”.

Da Pedagogista Clinico ritengo, invece, necessario e doveroso mettere in primo piano il valore dell’ alunno come persona in grado di trasmettere ogni sua capacità e potenzialità per essere per se stesso e per l’ intera classe un punto di forza e non un anello debole di una fantomatica catena.

Credo, fortemente, che etichettare quegli alunni che mostrino delle difficoltà, lievi o gravi che siano, tenda a creare una sorta di isolamento sociale il quale potrebbe, con il passare del tempo, creare ulteriori disagi.

Ognuno di noi per fortuna è diverso, nel 1983 lo psicologo statunitense Gardner parlava, infatti, di intelligenze multiple sostenendo che nella nostra mente non è presente un’ unica intelligenza, ma almeno nove da quella musicale a quella spaziale, dall’ intelligenza linguistica alla logica-matematica, andare a ricercare tutto ciò che di buono è presente in questi alunni rappresenta la base da dove partire per costruire le fondamenta di un progetto pedagogico-didattico soddisfacente.

Lavorando nel mondo della scuola, ormai da diversi anni, sono convinta del fatto che la strada da seguire sia un’ altra.
Partire dalle facoltà del soggetto è il primo passo importantissimo da compiere per ritrovare un’ autostima che il più delle volte, in questi bambini e ragazzi, viene a mancare.

Tutto ciò e tanto altro si può fare per non dover risentire da un bambino di otto anni, seduto in fondo alla classe:

“Io mi chiamo Luca e sono dislessico”.

No ti chiami Luca”. Punto.

 

Chiara Mancarella

Pedagogista Clinico